Una cena al buiomettendosi nei pannidegli ipovedenti Unione italiana ciechi e Aipb hanno organizzato l’eventoUna quarantina i commensali, guidati da tutor d’eccezione
PROVA
Tutti dovrebbero provare, almeno una volta, una cena al buio.
E al termine, guardare la luce e rendersi conto che c’é chi questo buio lo vive incessantemente.
è stato questo lo scopo dell’evento organizzato dall’Unione italiana ciechi e dall’Aipb, l’agenzia internazionale per la prevenzione della cecità di Pordenone, venerdì sera nella cantina I Magredi.Una quarantina i commensali “guidati” dai tre promotori della cena: Tullio Frau (anche presidente di Aipb), Felicita Nicoletti e Cristian Toffolo, che hanno illustrato lo scopo della serata e che hanno fatto da camerieri in questo particolare contesto.
La scelta della data non é stata casuale, coincide con M’illumino di meno, l’appuntamento che sensibilizza a un minor consumo di energia.
Così, prima di immergersi nelle tenebre, ha illustrato alla luce la disposizione di stoviglie, posate, bicchieri e dell’acqua.
Al vino ha pensato Tullio, sommelier per una sera.
E così via, a gruppi da tre i partecipanti sono scesi nella sala adibita all’evento: tenda oscurante per proteggere la porta, teli di nylon neri sulle finestre.
Il buio era (quasi) totale.
Come un trenino si appoggiavano le mani sulle spalle di chi al buio sa ormai destreggiarsi bene e ci si faceva guidare al proprio posto.Per orientarsi un po’ si potevano seguire le lucine d’emergenza e quel filo di chiarore che traspariva dai teli neri.
Impossibile capire chi era seduto a fianco e di fronte, per decifrare la posizione di bicchieri e posate era necessario andare a tentoni.
L’atmosfera, pur nella consapevolezza dello scopo della cena, era di emozionata allegria.
Il menù scelto dagli organizzatori, con Gelindo che ha preparato i piatti, ha agevolato i commensali (niente brodo e nemmeno piselli, per esempio).
Ciononostante, non sono mancate le difficoltà.
Con il risotto nessun problema se si usa la forchetta come un cucchiaio, più complicato infilzare gli gnocchi (numerose le forchettate a vuoto) e raccogliere il ragù così come, coltello alla mano, tagliare la carne e percepire se quello che si metteva in bocca era una patata oppure il cappone: il cervello diceva “questa é carne” invece in bocca entrava la verdura, e viceversa.
Non banale nemmeno versare l’acqua nel bicchiere: l’escamotage del dito per sentire il livello può andare bene se nessuno ti vede, ma per immedesimarsi con un ipovedente, il segreto é ascoltare l’acqua che scende.
Ma non é affatto facile.Alla fine, le flebili candele che sono state posate sul tavolo hanno riportato la luce come 100 watt.
Più di qualcuno ha commentato come questa esperienza ci abbia fatto sentire consapevoli della fortuna di vedere.
Gelindo Trevisanutto ha detto che avrebbe voluto portare il figlio per fargli capire quanto anche le piccole cose siano importanti, mentre Michelangelo Tombacco (titolare dell’azienda e presente con Monica e Lucia) ha ipotizzato anche una serata di degustazione di vini al buio.RIPRODUZIONE RISERVATA
di Laura Venerus